Annamaria

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Annamaria ha 64 anni,

Il riposo di una persona anziana

 

fa l’insegnate alle scuole medie. Un anno fa la famiglia ha notato la presenza di dimenticanze molto strane ed improvvise, di cui la stessa Annamaria si era accorta. Dopo un iter diagnostico le è stata diagnosticata la demenza di Alzheimer, in fase di deterioramento cognitivo lieve. Tale notizia ha prodotto la presenza di molti timori. Annamaria ha cominciato ad avere molta ansia quando doveva espletare le normali attività quotidiane, aveva un costante stato di tensione e agitazione che produceva un peggioramento della sua prestazione cognitiva portandola poi ad errore. Con il tempo Annamaria per proteggersi da questo stato emotivo ha cominciato ad evitare di fare le cose, sia attività quotidiane come la spesa, che ambiti molto importanti come gestire la casa oppure coinvolgersi nei suoi hobby come il laboratorio teatrale che amava moltissimo. Con il tempo, ciò ha prodotto uno stato depressivo molto invalidante, in cui poi, la funzionalità cognitiva risultava molto più grave dei quello che realmente fosse. Annamaria in questa fase non voleva più uscire di casa, non aveva più nessun tipo di interesse ed era demotivata a mettersi in gioco, si ripeteva “tanto non serve a nulla, non so fare più nulla e non valgo più nulla”. Le sue giornate erano diventate molto poco attive e lei oscillava tra il letto e la cucina. In questa fase, il suo malessere veniva descritto come uno stato di dolore aspecifico che non riusciva neanche a localizzare, ed in aggiunta vi era un’assenza di forze molto invalidante e debilitante. La famiglia, soprattutto nella figura del marito, per proteggere Annamaria da tutta questa sofferenza, aveva cominciato a colludere con i meccanismi di fuga ed evitamento, come appoggiarla nella scelta di non effettuare un intervento di riabilitazione cognitiva, cosa che sarebbe stata molto importante sia per l’attivazione delle funzioni cognitive in sé, sia per gli ausili che Annamaria avrebbe potuto cominciare ad utilizzare come meccanismi compensativi dei propri deficit cognitivi per la demenza. Al contrario, il figlio si arrabbiava molto con il padre per non stimolare la madre e cercava in modo “non-dosato” di sottoporre la madre ad ogni tipo stimolazione cognitiva o sociale, provocando un maggior ritiro della madre e maggiore ansia quando stava con suo figlio, che si manifestava con la richiesta un po’ stereotipata di dove fosse il marito e di quando sarebbe tornato.

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