Schema Therapy: le opinioni degli esperti

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Schema Therapy: le opinioni degli esperti 

“Perché iniziare un percorso di Schema Therapy?”, “Quali problemi nella mia vita posso risolvere con la ST?” “È possibile integrare la Schema Therapy (ST) con il cognitivismo classico?”, “Quali tecniche sono più efficaci e utili? Quali piacciono di più a terapeuti e quali ai pazienti e perché?”, …

Queste ed altre domande possono emergere nella mente di chi si avvicina alla Schema Therapy, sia in veste di paziente, che di terapeuta. Le abbiamo rivolte ad un gruppo di clinici esperti che integrano la ST, in parte o del tutto, nella loro pratica clinica e ad alcuni pazienti che hanno sperimentato gli effetti della ST nella loro vita: ecco le loro opinioni e testimonianze.

 

francesco mancini; disturbo ossessivo compulsivo; scuole di specializzazione in psicoterapia

(Prof. Francesco Mancini, Neuropsichiatra Infantile, Direttore delle Scuole di Psicoterapia Cognitiva, APC-SPC, Italia; Prof. Associato di Psicologia Clinica, Università Guglielmo Marconi, Roma)

“La Schema Therapy (ST), come noto, è un’interessante e arricchente integrazione di costrutti teorici, modalità di formulazione del caso e tecniche di intervento già esistenti da tempo. Non a caso, le ricerche di esito hanno dato risultati molto importanti per diversi disturbi. A mio avviso, rispetto ad altre modalità terapeutiche in voga nel dominio della CBT, la ST ha il merito di mettere in primo piano lo specifico mondo di significati del paziente e dunque di sintonizzarsi con le sue emozioni e i suoi punti di vista.
La pratica della ST ha, infatti, il fascino degli interventi esperienziali che consentono di intervenire, in presa diretta, sugli stati mentali critici del paziente. Due tecniche in particolare mi sembrano di speciale interesse, l’Imagery Rescripting e il Chair Work. Abbiamo utilizzato la prima in una ricerca di esito con pazienti ossessivi ottenendo dei risultati davvero molto promettenti. Certamente è indispensabile che l’uso della ST sia sostenuto da un razionale che, almeno per molti disturbi, dovrebbe essere definito da un modello del disturbo stesso che sia accurato e ben sostenuto dalla sperimentazione”. 


psicologa; psicoterapeuta; open day; scuola di specializzazione in psicoterapia

(Claudia Perdighe, psicologa, psicoterapeuta a orientamento cognitivo-comportamentale. È didatta nei corsi di specializzazione della Scuola di Psicoterapia Cognitiva e dell’Associazione di Psicologia Cognitiva e responsabile della rivista online www.psicoterapeutiinformazione.it. Si interessa in particolare di disturbo ossessivo-compulsivo, di disturbo da accumulo e del tema dell’accettazione e lutto. È autrice di pubblicazioni scientifiche e del libro “Il linguaggio del cuore” (edizioni Erikson); curatrice con Andrea Gragnani dei libri “Nuovi Elementi di Psicoterapia Cognitiva” e con Francesco Mancini de “Il disturbo da accumulo”(Raffello Cortina Editore).

“All’università uno dei professori che più ha segnato la mia formazione era un sacerdote tedesco di nome Herbert Franta, un vero genio della psicoterapia purtroppo scomparso prematuramente prima che potesse trasferire in forma scritta la sua idea di psicoterapia. Capivo già allora che era un innovatore, ma solo con la diffusione della Schema Therapy ho capito quanto. Infatti, l’idea di terapia che ci proponeva, per come è rimasta nella mia memoria, in due parole era: usate la CBT come base, che offre la concettualizzazione più indicata per comprendere e curare i sintomi. Integratela con l’intuizione della psicanalisi che le prime esperienze relazionali creano schemi stabili di funzionamento; in ultimo integrate il trattamento con tecniche Gestalt, che consentono di accedere con procedure esperienziali ad aspetti psicologici che possono essere difficili da esplorare e modificare con il solo canale verbale.
Quello che riconosco e per cui trovo utile usare alcune procedure ST è esattamente quanto anticipato dal Prof. Franta.” 


(Nicola Marsigli, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, Direttore Didattico Istituto IPSICO)

“Penso che la Schema Therapy sia un approccio innovativo e interessante per trattare i pazienti cosiddetti “difficili”. Uno degli aspetti che trovo più utili è il modello dei mode, che rende molto semplice, secondo la mia opinione, condividere la formulazione del caso con il paziente. Infatti spiegare la sofferenza dividendola e spiegandola attraverso le diverse “parti” (o mode), aiuta il paziente nella comprensione del suo disagio. Un altro aspetto che trovo centrale e, ancora una volta, molto utile per aiutare il paziente nel comprendere se stesso è la nozione di bisogni di base e di quanto sia importante che vengano soddisfatti nel proprio ambiente di sviluppo. E’ importante spiegare al paziente come le esperienze infantili possano aver impedito la soddisfazione di alcuni bisogni necessari per il nostro sviluppo, come il sentirsi protetti o accettati; questo aiuta i pazienti a comprendere quanto sia importante ora dare spazio a questi bisogni per trovare il proprio benessere. Credo che la ST aggiunga due aspetti al cognitivismo clinico classico: da un lato il recupero della storia del paziente, che porta l’attenzione dal qui e ora (tipico della CBT tradizionale) al là ed allora, dando importanza alla storia di sviluppo per capire quali bisogni non sono stati soddisfatti, quali schemi si sono creati e come stiano tutt’ora influenzando la vita del paziente; dall’altro l’uso di tecniche “esperienzali”, che aiutano nella pratica clinica perché permettono l’accesso alla sofferenza del paziente attraverso una via più emotiva e attivante rispetto all’intervento cognitivo classico. In particolare, nel mio lavoro clinico utilizzo l’imagery rescripting, che trovo molto potente e il chairwork, che permette al paziente, spostandosi tra le varie sedie, di assumere i punti di vista dei vari mode e quindi di aumentare il proprio distanziamento (anche critico) dai contenuti mentali che generano sofferenza.” 


 

(Angelo M. Saliani, Docente e Didatta delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale S.P.C. di Roma e Napoli, S.I.C.C. di Roma e A.I.P.C. di Bari. Professore a contratto di Tecniche del Colloquio Psicologico presso l’Università dell’Aquila. Si occupa da molti anni di relazione terapeutica e dei processi interpersonali che caratterizzano il rapporto tra pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo e i loro familiari.  Socio e membro del comitato direttivo Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (A.I.D.O.C.). Socio didatta SITCC (Società Italiana Terapia Comportamentale e Cognitiva).

“Ritengo che l’efficacia della Schema Therapy, risieda in almeno due ragioni

  • La prima: va al cuore del problema psicologico, avendo come focus terapeutico i bisogni del “mode bambino” più che il sintomo in sé;
  • La seconda ragione: grazie all’uso drammatizzato ed esperienziale dei mode, favorisce una oggettivazione dei contenuti mentali problematici e un distanziamento cognitivo da essi. 

A mio parere inoltre, la ST aggiunge all’approccio cognitivista classico tre elementi:

  • Primo: una maggiore attenzione agli aspetti motivazionali della sofferenza emotiva. Nella ST l’obiettivo è soddisfare i bisogni del “mode bambino”, più che la mera ristrutturazione delle sue credenze;
  • Secondo: il concetto di mode e il suo uso drammatizzato uniti a un ampio bagaglio di tecniche ad alto impatto emotivo;
  • Terzo: una maggiore attenzione alla regolazione specifica della relazione terapeutica, cioè non si accontenta degli effetti benefici, ma aspecifici e talvolta insufficienti, della condivisione e dell’empirismo collaborativo.”      

(Teresa Cosentino, svolge attività di psicoterapia cognitivo-comportamentale dal 2004.  Nutre un interesse clinico per i disturbi d’ansia (disturbo ossessivo-compulsivo, attacchi di panico, fobie, disturbi sessuali), dell’umore (depressione) e della personalità. Nella pratica clinica, oltre alle metodiche della terapia cognitivo-comportamentale standard, applica il protocollo di Esposizione con Prevenzione della Risposta, la Schema Therapy ed il protocollo Eye Movement Desensitization and Reprocessing. Socia della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva e dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo; Docente presso le scuole di specializzazione in psicoterapia cognitiva APC e SPC).

“Le tecniche che la ST utilizza per l’assessment, essendo molto esperienziali, consentono al paziente di comprendere più facilmente cosa gli succede ma soprattutto perché, in connessione con la storia di apprendimento e i bisogni frustrati; questo, a mio avviso, ha un impatto potente sul problema secondario: comprendendo l’origine e la funzione di certi suoi mode disfunzionali, il paziente si critica/spaventa/arrabbia/vergogna di meno nel vederli attivi oggi.
Le tecniche che impiega nell’intervento, essendo anch’esse esperienziali, consentono un più profondo ancoraggio nella memoria dei nuovi apprendimenti e significati.
Come già la REBT di Ellis, pone all’attenzione del terapeuta, accanto al cambiamento delle cognizioni, anche l’intervento sulla componente emotiva, immaginativa e comportamentale con tecniche e procedure molto esperienziali.” 

 

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